Secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio e il commissario europeo Valdis Dombrovskis, l’Italia deve intraprendere azioni per allineare la sua politica di bilancio alle raccomandazioni dell’UE entro il 2024. L’Italia rispetta il tetto per la spesa primaria netta, ma trova difficoltà nel parametro crescita
di Mario Tosetti
L’Ufficio parlamentare di bilancio (UPB) ha recentemente evidenziato che l’Italia non è in sintonia con tutte le raccomandazioni dell’UE, facendo sorgere le preoccupazioni per una possibile manovra correttiva nei prossimi mesi. Questa possibilità è stata confermata anche da Valdis Dombrovskis, commissario europeo, che ha dichiarato che il bilancio italiano “non sembra essere in linea con le raccomandazioni del Consiglio UE”. Dall’UPB è stato infatti consigliato all’Italia, così come alla Francia, di adottare le misure necessarie per garantire che la politica di bilancio del 2024 sia conforme a tali raccomandazioni.
L’Italia, come altri stati europei, deve affrontare la sfida di raggiungere tale conformità. Tra le quattro grandi economie europee, solo la Spagna ha rispettato tutte le raccomandazioni. La Germania, invece, è stata sollecitata a ridurre le misure di sostegno all’energia al più presto.
L’UPB ha specificato che l’Italia aderisce al tetto di spesa primaria netta, ma incontra problemi con la crescita, principalmente a causa dei crediti d’imposta relativi ai bonus edilizi. L’UE ha poi suggerito all’Italia di eliminare le misure antidumping energetico entro la fine del 2024, in modo da poter utilizzare i fondi risparmiati per ridurre il debito. Tuttavia, non è previsto che le economie risultanti siano utilizzate per ridurre l’indebitamento.
La Commissione europea avvierà presumibilmente procedure di infrazione per deficit eccessivo nei prossimi mesi, suggerendo che il governo italiano potrebbe essere obbligato a introdurre una manovra correttiva. Matteo Renzi, il leader di Italia Viva, aveva già previsto questo scenario un mese fa. Secondo Dombrovskis, i vari avvisi sono ormai esauriti e i Paesi membri avrebbero dovuto prudenzialmente spostarsi verso posizioni fiscali più prudenti.
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