Sono molto grato alla mia amica Fabrizia Falzetti, titolare della “Far Out Films”, per avermi invitato all’anteprima del docufilm, dedicato allo stermino dei curdi, che ha coprodotto. Si tratta di “Kurdbun – Essere curdi”, un film che tutti dovrebbero vedere perché con straordinaria, drammatica veridicità racconta l’ennesimo barbaro episodio di violenza che la Turchia di Erdogan riserva a questa minoranza etnica da secoli vessata dai vari califfati che hanno tentato di sterminarla per conquistarne i territori. E’ un docufilm crudo, intenso, tristemente affascinante perché testimonia in presa diretta la vicenda di una cittadina curda, Cizre, circondata e messa a ferro e fuoco per un mese intero dall’esercito turco. E’ da guardare perché è attraverso queste rare testimonianze che si capisce come vadano le cose in Medioriente e come del destino di certe minoranze, e i curdi sono certamente tra queste, la comunità internazionale di fatto se ne lava le mani. Quelle che segue è la sinossi del Film (GT)
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Questo docu-film vuole contribuire a ritrarre l’identità curda moderna, di oggi, il filo comune tra i Curdi che vivono come minoranze oltraggiate e combattenti nei territori mediorientali e i Curdi che vivono come minoranze integrate in Europa, cosa li lega, perché si sentono legati da un vincolo assoluto e carico di emozioni, e come le due anime curde convivono.
Il popolo più grande del mondo senza uno stato, la quarta etnia più numerosa in medio oriente, divisa tra quattro paesi e perseguitata in tutti questi paesi per motivi etnici o religiosi.
Il materiale di repertorio di questo documentario è stato girato da una troupe televisiva curda di Istanbul tra la fine del 2016 e l’inizio del 2017 durante l’assedio punitivo da parte dell’esercito turco di una città a maggioranza curda nel sud-est della Turchia.
La giornalista curda Berfin Kar e il suo cameraman, in missione a Cizre per un reportage di routine, sono rimasti intrappolati da un assedio non annunciato. Si sono ritrovati in questo modo testimoni per 79 giorni dell’invasione dei carri armati dell’esercito turco, dei bombardamenti sistematici, dello sterminio di civili, della resistenza e della disperazione degli abitanti di Cizre, e della loro creatività nell’inventare forme di sopravvivenza e resilienza quotidiana.
La giornalista Berfin Kar si è poi rifugiata in Europa con gli hard disk contenenti le riprese di quei 79 giorni. Tramite il network di filmmaker curdi è stato individuato il regista curdo Fariborz Kamkari a cui è stato proposto di visionare il girato ed esprimere un parere sulle sue potenzialità. Kamkari, che oltre che regista è anche un produttore, ha condiviso il girato con i suoi collaboratori italiani e altre case di produzione e tutti hanno confermato l’importanza di dare visibilità ai fatti narrati nel documentario.
Quattro artisti Curdi, un regista, un produttore, un montatore e una musicista si sono quindi uniti per montare e finalizzare un documentario basato sui reportage di Berfin Kar. Ognuno di loro proviene da differenti parti del Kurdistan, diviso tra quattro paesi diversi, e lungo questa avventura trasmettono le loro interpretazioni del senso e del significato di essere Curdo.
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